domenica 29 marzo 2015

Il fu Mattia Pascal - Luigi Pirandello ~ ☕☕☕☕☕

Ciao a tutti!
Prima di iniziare questa recensione, vorrei presentarmi. Io sono Dostoevskij e mi occuperò di recensire i libri degli autori con cui si firmano le altre. Effettivamente, leggere, ad esempio, "il fu Mattia Pascal" recensito da Pirandello stesso non avrebbe molto senso, no?
Ma non dilunghiamoci ulteriormente e iniziamo questa recensione!

"Il fu Mattia Pascal"... Chi non l'ha mai sentito nominare?
Ammetto che io per primo avevo dei pregiudizi su questo libro. Quando studiai a scuola per la prima volta Pirandello e la sua ideologia, devo ammettere che non mi piacque affatto. Ma le vie del Signore sono infinite e il caso volle che l'estate di quell'anno mi capitasse sotto mano questo volume.
Ero scettico. Non volevo leggerlo, ma decisi di leggere comunque le prime pagine. Ma quando lessi la "Premessa", rimasi così catturato che non riuscii a separarmi dal libro e lo divorai.
Ma perché?
Mi colpirono molto queste frasi:
Una delle poche cose ch'io sapevo, anzi forse la sola ch'io sapessi di certo era questa: che mi chiamavo Mattia Pascal. E me ne approfittavo. [...]
Non pareva molto, per dir la verità, neanche a me. Ma ignoravo allora che cosa volesse dire il non sapere neppure questo.
 Ma la frase che più mi rimase impressa, la frase che mai scorderò è la conclusione del capitolo:
... con l'obbligo però che nessuno possa aprirlo se non cinquant'anni dopo la mia terza, ultima, definitiva morte.
Giacché, per il momento (e Dio sa quanto me ne duole), io sono morto, sì, già due volte, ma la prima per errore, e la seconda... sentirete.
A questo punto, Pirandello era riuscito nell'intento di impedirmi di buttar via il
suo libro e di costringermi a leggerlo.
Ma di cosa parla? È la storia di Mattia Pascal che, in seguito ad una serie di avvenimenti, un bel giorno, tornando a casa dopo un viaggio, si trova tra le mani un giornale in cui legge un articolo: Mattia Pascal si è suicidato.
Il nostro protagonista si trova quindi davanti la possibilità di avere una nuova vita completamente diversa. E non si fa sfuggire tale occasione. Con lo pseudonimo di Adriano Meis, gira per l'Europa per un anno fino ad approdare a Roma, dove decide di stabilirsi in una camera ammobiliata. Qui s'innamora, ricambiato, di Adriana, figlia di Anselmo Paleari, ma si renderà presto conto di non poter coronare il suo sogno d'amore perché Adriano Meis, per il mondo, NON ESISTE. Si troverà, così, a prendere la decisione di uccidere Adriano per tornare ad essere Mattia. Ed è esattamente ciò che fa. Dopo aver inscenato la sua morte, torna al suo paese, dove scopre che la moglie, dopo due anni dalla presunta morte del Pascal, si è risposata ed ha un figlio.
In conclusione, tutti ottengono un lieto fine. Tutti tranne Mattia Pascal che, divenuto bibliotecario, trascorre la sua vita senza aver più nulla. Mattia Pascal, colui che aveva assaporato la libertà e aveva avuto la possibilità, che ognuno di noi vorrebbe, di ricominciare la sua vita da zero, proprio lui rimane imprigionato nella vita.
Il romanzo, quindi, si conclude in perfetto stile Pirandelliano.
Io vorrei "analizzare" un solo personaggio: il signore Paleari.
È un personaggio che mi ha affascinato: un filosofo a tempo perso.
Per darvi un'idea del tipo vi racconto un aneddoto.
Un bel giorno, Anselmo Paleari si reca da Adriano per annunciargli che c'è l'Oreste di Sofocle al teatrino delle marionette. Ma perché è così sconvolto da un teatrino? Il Paleari ragiona su un singolo possibile avvenimento: che accadrebbe se il cielo di carta della marionetta si squarciasse? Oreste diventerebbe Amleto. Perché? Be', non sta a me svelarlo.
Ricordate solo che
Tutta la differenza, signor Meis, fra la tragedia antica e la moderna consiste in ciò, creda pure: in un buco nel cielo di carta.
E, come il signor Paleari nella suddetta, scena, vi lascio così e me ne vado, ciabattando.

Dostoevskij

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